Quando un principio attivo – che sia vitamina C in un siero viso, oli essenziali, estratti botanici o betacarotene in un integratore – viene esposto a radiazioni UV e luce visibile ad alta energia (HEV), inizia un processo di fotoossidazione che può degradarne fino all’80 % dell’efficacia in poche settimane. Ci sono alcuni ingredienti cosmetici in particolare, che sono più fotosensibili di altri e, in questi casi, i radicali liberi prodotti interrompono catene molecolari, alterano colore, aroma e consistenza, generano offflavour e possono inficiare la reputazione del marchio agli occhi dei consumatori più attenti alla performance.
La scelta del packaging primario, oltre all’estetica, rappresenta una barriera funzionale pensata per modulare la penetrazione luminosa e l’apporto di ossigeno, mantenendo costanti le condizioni chimicofisiche interne. Nei paragrafi che seguono analizziamo le soluzioni disponibili – dal vetro ambrato ai polimeri highbarrier, dai rivestimenti UV alle decorazioni coprenti – valutandone proprietà ottiche, resistenze meccaniche e applicazioni crossindustry.
Luce e ossidazione: parametri da monitorare
Gli effetti più frequenti dell’esposizione alla luce sono:
- l’ossidazione degli attivi
- l’insorgere di sentori rancidi, variazioni cromatiche e di consistenza
- la diminuzione della efficacia dichiarata in etichetta.
Non tutta la luce, però, è uguale. La componente ultravioletta (UVC 100280 nm, UVB 280315 nm, UVA 315400 nm) possiede energia sufficiente a spezzare legami chimici, innescando catene radicaliche che degradano pigmenti sensibili, antiossidanti e oli insaturi. Anche la fascia HEV, la cosiddetta “luce blu” (400500 nm), può provocare fotodegradazione di carotenoidi e fragranze naturali, con viraggio di colore e perdita aromatica.
Per valutare se il packaging svolge una protezione adeguata si monitorano tre KPI fondamentali:
- trasmittanza UV (%): quota di radiazione che oltrepassa la parete del contenitore. Più è bassa, maggiore è la difesa;
- OTR – Oxygen Transmission Rate: misura la permeazione di ossigeno (cc/m²·24 h) che accelera reazioni ossidative;
- TDS – Total Dose Standard: quantità totale di radiazione assorbita compatibile con la shelflife target.
Una volta fissati questi parametri, diventa più semplice confrontare vetro, polimeri additivati o rivestimenti e scegliere la combinazione più adatta al profilo sensibile della formula.
Il packaging è una vera e propria barriera funzionale: limita luce e ossigeno, stabilizza la formula e ne prolunga la vita
Soluzioni per proteggere la formula
Vetro scuro: la barriera naturale più diffusa
Il vetro ambrato riduce la trasmittanza UVB fino al 10 % e offre un’eccellente inerzia chimica per i prodotti skincare e trattamenti viso. Alternativa frequentemente usata in profumeria botanica è il vetro verde con ossido di cromo, una soluzione naturale, sostenibile ed elegante.
Svantaggi: peso elevato e fragilità sotto urto, specie in formati travel. Laddove la logistica richiede leggerezza, entrano in gioco i polimeri barriera.
Polimeri high-barrier e additivi anti-UV
Quando servono flaconi leggeri e infrangibili, i polimeri diventano l’alternativa naturale al vetro. Di base, però, PET, PP o PE lasciano passare gran parte dei raggi UV. Per trasformarli in «scudi» luminosi si interviene a monte, mescolando al granulo piccoli quantitativi di filtri UV: sono masterbatch che incorporano minerali come ossido di zinco o speciali molecole organiche simili a quelle usate nelle creme solari. La parete del flacone rimane sottile e leggera, ma diventa molto meno trasparente alla luce.
Se il prodotto è particolarmente delicato – pensiamo a un olio ricco di omega-3 o a un estratto naturale molto instabile – si può fare un passo oltre e costruire il contenitore «a strati»: all’interno un polimero compatibile con la formula, al centro un film in EVOH che blocca sia ossigeno sia UV, all’esterno il materiale estetico scelto dal brand. Il risultato è un pack robusto, con ottime prestazioni barriera e, soprattutto, pienamente riciclabile perché gli strati si legano senza colle.
Verniciature con filtri anti-UV
Per chi desidera la trasparenza del vetro flint senza rinunciare alla schermatura, esistono vernici solgel e laccature organiche arricchite con micro-filtri ceramici: si applicano sul flacone già formato, non ne cambiano il peso né le dimensioni e possono essere declinate in finiture satinate, lucide o softtouch. A contatto con la luce, questi rivestimenti riflettono o assorbono i raggi UV, prolungando la vita del prodotto senza alterare il design originale.
Decorazioni coprenti
Una serigrafia piena, un hotstamping generoso o una metallizzazione sottovuoto non servono soltanto a colpire l’occhio del consumatore: creano una pellicola coprente che impedisce alla luce di penetrare. In questo modo protezione e storytelling viaggiano insieme: il brand ottiene un aspetto premium e la formula resta stabile più a lungo.
Packaging secondario intelligente
Sleeve in RPET, astucci FSC o scatole con interno nero sono alleati preziosi lungo la filiera: proteggono il prodotto durante il trasporto, riducono l’esposizione alla luce sul punto vendita e offrono spazio aggiuntivo per messaggi di sostenibilità o istruzioni d’uso. Alcuni marchi skincare, ad esempio, propongono astucci che il consumatore può conservare e riutilizzare come custodia, estendendo così la funzione protettiva anche a casa.
Protezione e stile
Il timore che un pack protettivo debba essere opaco e anonimo è ormai superato. Oggi la barriera alla luce diventa parte del linguaggio estetico del brand: il vetro ambrato richiama gli antichi laboratori di botanica e si sposa alla perfezione con etichette crema e dettagli oro, mentre le laccature soft-touch in nuance nude o grigio talpa invitano al contatto e trasmettono immediatamente sensazioni di cura premium. Chi ricerca un look più contemporaneo può optare per metallizzazioni canna di fucile o rame satinato, superfici specchiate che riflettono la luce ambiente ma impediscono a quella dannosa di filtrare. Anche una serigrafia full-body in bianco latte o un pattern botanico tono-su-tono fungono da schermo, fondendo funzione e storytelling. In breve, proteggere la formula non significa coprire: significa vestirla con un abito che la difende e, al tempo stesso, ne racconta l’anima.
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