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Il mercato della cosmetica naturale continua a crescere a doppia cifra e con esso aumentano le aspettative di trasparenza, sicurezza e responsabilità ambientale. Se la formula è «clean», anche il contenitore deve essere all’altezza: materiali riciclabili, processi a ridotta impronta carbonica e assenza di sostanze potenzialmente nocive diventano requisiti imprescindibili. Di seguito troverai criteri concreti per individuare il packaging ecosostenibile più adatto a sieri botanici, creme bio e linee body care plasticfree, garantendo al tempo stesso stabilità di prodotto e credibilità del marchio. 

Formule naturali e pack su misura 

Gli attivi di origine vegetale – idrolati floreali, oli essenziali agrumati, estratti ottenuti con CO₂ supercritica e vitamine antiossidanti – presentano catene molecolari più delicate rispetto ai loro equivalenti sintetici. L’assenza (o la forte riduzione) di conservanti tradizionali li rende particolarmente vulnerabili alla luce, all’ossigeno disciolto e alla contaminazione microbica, fattori che innescano rapidamente processi di ossidazione e ne riducono l’efficacia funzionale. In più, l’alta concentrazione di terpeni e acidi grassi liberi può corrodere guarnizioni standard, opacizzare vernici poliesteri e perfino alterare certi collanti.  

Se il contenitore non garantisce un’adeguata barriera, nel giro di poche settimane possono manifestarsi cambi cromatici, note olfattive rancide, perdita di attività cosmetica e, nei casi più estremi, microperdite del prodotto. Scegliere materiali e chiusure idonei significa quindi proteggere i principi attivi e preservare l’esperienza sensoriale che il consumatore si aspetta dal cosmetico naturale. 

4 aspetti tecnici per scegliere il pack 

Prima di firmare un ordine o avviare la produzione, conviene fare un check su quattro parametri chiave che determineranno la stabilità della formula e la coerenza ambientale del tuo cosmetico. 

1. Compatibilità materiale formula 

  • Test migrazione (GCMS, ISO 17025) su vetro, PET e PP per escludere rilascio di monomeri o assorbimento di oli; 
  • Tenuta guarnizioni: oring in TPE, NBR o silicone resistono meglio agli agrumi e ai terpeni; 
  • Stabilità decorazioni: serigrafie UVLED con inchiostri lowmigration restano intatte in presenza di oli essenziali. 

2. Protezione da luce e aria 

  • Vetro ambrato/verde: abbassa la trasmittanza UV; 
  • Sistema airless in PP o PET monomateriale: riduce l’esposizione all’ossigeno, ideale per emulsioni senza parabeni; 
  • Tappo ermetico con liner in PE espanso: garantisce stabilità nel tempo.  

3. Decorazioni più sostenibili 

  • Serigrafia organica a base acqua vs. vernici poliuretaniche; 
  • Stampa digitale UVLED: bassa energia, nessun solvente, MOQ ridotti; 

4. Comunicazione coerente 

Il packaging deve «parlare la stessa lingua» della formula: palette cromatiche ispirate alla natura (salvia, ocra, avorio caldo), superfici tattili che ricordano la carta riciclata o il velluto di un petalo grazie a finiture softtouch e cartafeel, oltre a un copy breve ma concreto che dichiari in modo misurabile la percentuale di plastica riciclata impiegata e la riduzione di CO₂ certificata lungo la filiera. Un pittogramma ben visibile sul frontpack, oppure un QRcode che rimanda a un LCA interattivo, trasformano un dato tecnico in un gesto di trasparenza immediatamente percepito dal consumatore. 

Materiali consigliati 

Per scegliere con consapevolezza vale la pena analizzare, uno per uno, i materiali più utilizzati nei cosmetici naturali, mettendone a fuoco punti di forza e possibili criticità. 

Vetro (flint, ambrato o verde) 
È il materiale più “classico”: totalmente inerte, riciclabile all’infinito e subito percepito come premium. Le varianti scure aggiungono una barriera UV quasi totale, perfetta per oli essenziali e sieri ricchi di vitamine. Di contro pesa di più, richiede energia di fusione elevata ed è naturalmente fragile.  

Plastica PCR (PET o PE) 
Riduce l’uso di materia vergine e rimane leggera e infrangibile. La resa ottica è buona, anche se una percentuale molto alta di PCR può dare leggere sfumature di colore. In alcuni Paesi, la FDA limita l’impiego sopra al 50 % per applicazioni foodgrade, ma nel beauty la soglia è più flessibile.  

Airless monomateriale in PP 
Tutto il flacone, comprese le parti della pompa, è in polipropilene: questo facilita il riciclo e abbassa il peso complessivo. L’assenza di inserti metallici elimina il rischio di contaminanti, mentre la tecnologia airless preserva emulsioni naturali prive di parabeni, minimizzando l’esposizione all’ossigeno. L’estetica risulta meno “luxury” rispetto al vetro, ma alcuni brand hanno dimostrato che un design pulito in PP può comunque comunicare qualità. 

Alluminio 
Riciclabile al 95 % con un enorme risparmio energetico rispetto alla produzione primaria, è leggero e barriera totale a luce e ossigeno. Necessita però di una verniciatura interna per evitare interazioni con formule acquose e di un piccolo inserto plastico nella chiusura.  

Bamboo + vetro 
Abbinare un tappo in bamboo – materiale rinnovabile a crescita rapida – a un flacone in vetro consente di ridurre la quota plastica pur mantenendo percezione premium. Serve però avvisare il consumatore di smontare le due parti prima del conferimento nei diversi flussi di riciclo. 

In sintesi, non esiste un materiale “migliore” in assoluto: la scelta dipende dal livello di protezione richiesto, dal posizionamento di prezzo, dalla logistica e dagli obiettivi di sostenibilità del marchio. 

Best practice per ridurre l’impatto lungo il ciclo di vita 

La sostenibilità non si gioca soltanto nella scelta del materiale, ma lungo l’intero percorso del prodotto. Il primo passo è il design for recycling: puntare su strutture monomateriale o su componenti che l’utente possa separare in pochi gesti. Pensiamo a un contagocce che si smonta in bulbo TPE e pipetta di vetro: un’operazione semplice che facilita il corretto conferimento differenziato. 

A seguire c’è il cosiddetto lightweighting. Alleggerire un flacone in vetro da 50 ml, oppure ridurre lo spessore di un contenitore PET del 10 % senza comprometterne la robustezza (verificata con analisi FEM), significa tagliare materia prima e CO₂ già in fase produttiva. 

Terzo tassello: l’integrazione graduale di PCR. Si parte con un 30 % nei lotti pilota per verificare compatibilità cromatica e meccanica, poi si sale al 50100 % una volta ottenuta la qualifica tecnica. Così lo scarto postconsumo torna a nuova vita in un circuito virtuoso. 

Infine, quando le caratteristiche di viscosità e conservazione lo permettono, vale la pena implementare modelli ricarica & refill

Dalla teoria alla realizzazione con Eurovetrocap 

Quando si lavora con formule naturali bisogna tenere sotto controllo tre nemici invisibili – luce, ossigeno e contaminazione microbica – senza perdere di vista l’impronta ambientale del contenitore. Materiali come vetro riciclato scuro, plastica PCR ad alto tenore postconsumo, flaconi airless monomateriale in PP e alluminio leggero garantiscono barriera funzionale e riduzione di CO₂, ma esprimono davvero il loro potenziale solo se inseriti in un progetto che coinvolge fin dall’inizio ricerca & sviluppo, marketing e supply chain. 

Dalla prima campionatura al rollout, noi di Eurovetrocap affianchiamo i brand aiutandoli a trasformare i principi green in un packaging che protegge la formula, comunica i valori e rispetta l’ambiente

Ogni formula naturale merita un pack che la rispetti e la racconti. Con Eurovetrocap puoi coniugare barriera tecnica, economia circolare e storytelling sostenibile. Contattaci per progettare insieme il prossimo successo ecosostenibile del tuo brand.